Il Verdicchio dono del cielo – Prima degustazione trasversale di Verdicchio by WineBlogRoll

Dopo il mio racconto fotografico di qualche giorno fa, che troverete qui, eccoci qui, appunti alla mano ed emozioni ancora vibranti, tante e forti sono state quelle provate durante quella che ho denominato Degustazione Trasversale di Verdicchio, svoltasi in forma prettamente privata con un cospicuo numero di assaggiatori… me, myself and I!
Inizio col dire che il termini “trasversale” è nato quasi per caso, durante una chiacchierata con una persona a me molto cara, riguardo la mia idea di stappare alcune delle bottiglie di Verdicchio che ho avuto modo di apprezzare di più nel corso degli anni, in una forma più libera, che non ricadesse nelle due consuete metodologie di degustazione, ovvero quella verticale e quella orizzontale.
Aggiungo che la scelta delle etichette è stata fatta seguendo due parametri, entrambi meramente emozionali, che contemplavano la possibilità di produttori di consigliarmi l’annata e l’etichetta che di più li aveva emozionati e colpiti a livello personale e la mia assoluta discrezionalità condizionata apertamente dai due motori che spingono la mia passione per il Vino: la curiosità ed il ricordo.

Per chi non lo sapesse, il Verdicchio, ormai a detta di molti, il bianco più importante in Italia ed il vitigno più duttile presente fra gli autoctoni coltivati nella nostra penisola, si presume, fosse già coltivato ai tempi dei Piceni,che lo allevarono in quello che milioni di anni fa era un mare chiuso, o meglio, lago salato, sul di cui fondale caratterizzato da argilla
sabbiosa, ricca di sali minerali (ancora attivi), calcare, ferro e magnesio ancora oggi affondano le lunghe e penetranti radici le viti delle Cantine marchigiane delle DOC Castelli di Jesi e di Matelica (docg nelle versioni Riserva).

Anche se, effettivamente, anch’io sono del parere del grande Ampelio Bucci, riguardo la scarsità di palpabili differenze e/o divergenze fra le Verdicchio dei Castelli di Jesi e Verdicchio di Matelica, è importante, tener conto di alcuni fattori elencati in maniera molto sintetica ed opportuna dall’Istituto Marchigiano di tutela Vini.
“Sono
almeno tre le considerazioni importanti che permettono di distinguere
il Verdicchio di Matelica da quello dei Castelli di Jesi:

La
prima è di carattere quantitativo, la superficie vitata del primo è
dieci volte inferiore a quella del secondo (Matelica 300ha ca. – Castelli di Jesi 2700ha ca.);

La
seconda è data dalle condizioni pedoclimatiche, poiché il
comprensorio di Matelica è l’unico in tutte le Marche che corre
parallelo alla costa Adriatica, nel senso che non c’è
comunicazione con il mare e di conseguenza il clima è di tipo
continentale;

La
terza è che l’enclave di Matelica ha prodotto nel corso del tempo
una particolare selezione del vitigno Verdicchio, frutto
dell’adattamento delle diversissime condizioni pedoclimatiche,
confrontate con quelle del fratello di Jesi. (fonte 
www.imtdoc.it).”

Essendo nato in uno dei comuni che rientrano nell’areale della DOC più importante in termini di estensione e, quindi, numero di Cantine, ovvero Cingoli, i miei ricordi sono per lo più relativi al Verdicchio dei Castelli di Jesi ed ecco perché, in questa degustazione, avevo inizialmente deciso di inserire solo etichette tra le quali non figurava nessun “Matelica”, ma poi, per mettere alla prova i miei sensi e le mie convinzioni, ho deciso di aggiungere quello che in degustazione ho denominato “l’intruso”... un intruso di grande valore, tra l’altro!

Ci tengo, inoltre a specificare la degustazione si è svolta in due batterie, una relativa alle annate “giovani” (2014-2013-2012) e l’altra relativa alle annate “storiche” (20011-2010-2009-2008-2006-2004), tutte senza verticalità ed alla cieca, con una prima definizione da parte mia delle annate “a primo naso” (quindi senza assaggio, ma portando il calice al naso una volta a Vino fermo e l’altra dopo averlo roteato), per poi passare all’assaggio e determinare le etichette, che per mia pura fortuna ho compreso nell’90% dei casi. Infine, confutate le mie impressioni, ho avuto modo di riassaggiare tutti i Vini a bottiglie scoperte.
Fatta questa premessa, è giunto il momento di parlarvi delle mie sensazioni organolettico-emozionali relative alla degustazione dei 19 Vini assaggiati (descritti in ordine volutamente casuale), alle quali seguiranno alcune considerazioni generali emerse dalla trasversale di Verdicchio.



San Michele 2011 – Vallerosa Bonci – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup.:
il San Michele è un Verdicchio stiloso, moderno eppure, di gran finezza. Un Vino fra terra e mare, che apre con il suo primo appeal floreale di ginestra e camomilla, per poi stupire con note di salsedine, mentuccia e humus, che fanno ben sperare in bocca. Il sorso, infatti, si conferma essere di buon corpo, intenso e minerale, ai limiti del “salato”, con il confortante finale amandorlato che si allunga interminabilmente in bocca, proprio come i grandi Verdicchio. Sensazioni che lo rendono sin da subito un Vino di grande duttilità in termini di abbinamento. Vino di grande progressione, che non mi meraviglierei se tra uno/due anni questo Vino tirasse fuori ulteriori preziose emozioni. 

Cipriani 2013 – Tenuta San Marcello – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup.: Il Cipriani l’avevo già incontrato nel mio cammino, tanto da averne scritto nell’articolo dedicato alla Tenuta San Marcello ed alla splendida storia di Massimo & Pascale. La descrizione fatta in quella seda non diverge da quella da me appuntata, se non per una leggera evoluzione in termini di armonia.

“Il fiore rosa fiore di pesco,
fiore bianco fiore di mandorlo” …
I profumi ben articolati e spaziano dai
fiori bianchi, alle coerenti noti di pesca, erbe officinali e
finalmente la mia amata mandorla. Mandorla che ritroviamo nel
caratteristico retrogusto, di un Vino che combina in modo armonico
freschezza minerale (per chi, come me, abbina la mineralità a
sensazioni di freschezza) ed il corpo estrattivo.
Un Verdicchio, questo Cipriani, che ho
riconosciuto fra i primi, in quanto davvero peculiare, che vi
consiglio di approcciare senza preconcetti e con curiosità e sono
certo che vi darà grandi soddisfazioni.

Ghiffa 2013 – Colognola: Tenuta Musone – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup.: probabilmente uno dei più “Verdicchiosi” degustati, ovvero rispettoso di quello che rappresenta il Verdicchio sia al naso con i suoi fiori gialli e bianchi, fresca pesca e mela matura, con leggere note verdi davvero piacevoli. Un Vino di buon corpo e grande finezza, giocato tutto sull’equilibrio fra freschezza e mineralità e fra classe e dinamicità. Prodotto nella mia Cingoli, non potevo non essere di parte, anche senza sapere fosse lui, anche se, ho dovuto assaggiarlo una seconda volta per riconoscerlo, in quanto il suo estremo garbo e la sua finezza hanno bisogno di essere apprezzati con la dovuta calma, ancor meglio se in convivialità, abbinandolo ai grandi piatti della cucina marchigiana o semplicemente, giovane, ad un tagliere “a modo vostro”, affacciati da quello che è denominato il Balcone delle Marche (Cingoli) in una mite giornata di inizio estate. Vino evocativo della mia terra e della mia infanzia, per me, che spero possa diventare evocativo di grandi emozioni e bellissimi momenti anche per Voi!

Deserto 2014 – Az. Vitivinicola Socci – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup.: un’azienda che non mi delude mai, che ho voluto portare in degustazione con la sua annata più difficile, solo ed esclusivamente, per la mia fiducia, dovuta ad un precoce assaggio di botte a poche settimane dalla vendemmia.
Chi era presente si chiese come fosse possibile, eppure, è il primo Vino che ho scovato nella prima batteria, senza averlo mai assaggiato una volta imbottigliato. Questo perché i Vini dei Socci non hanno profumi comuni, ma immagini sinestetiche, non hanno gusti convenzionali, ma sapori che sanno di Vita e d’Amore. In una “spremuta” di fiori gialli tenuta per mano da un frutto ancora fresco e croccante, già si percepisce che chi ha avuto il coraggio e la giusta dose di speranza mista ad incoscienza di aspettare qualche settimana per la vendemmia, ha potuto salvare un’annata che sembrava nefasta, trasformandola in qualcosa di nuovo, moderno, giovane e davvero piacevole! Un Vino che, a mio parere, è persino più duttile della buonissima 2013.
Vini sinceri quelli dei Socci… Vini che sanno di Vita!

Federico II 2014 – Montecappone – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup.: il Federico II è un altro esempio di come il Verdicchio abbia saputo sopperire alle lacune climatiche del 2014, grazie a due tipologie di adattamento, quello della forma mentis del produttori, consapevole e dinamica come quella dei Mirizzi, ed organolettica, in quanto si è puntato di più su prodotti più freschi e giovani, senza dimenticare la struttura di base del Verdicchio, ma andando a conferire al Vino uno spettro maggiore in termini di abbinamento.
Vini stilisticamente impeccabili quelli di Montecappone, di quelli che ti possono salvare dall’impasse, quando li trovi nella Carta dei Vini di un buon Ristorante.

Utopia 2012 – Montecappone – Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva: il fratello maggiore del Federico II, ma che con lui ha molto poco a che fare in termini di vinificazione, se non per quanto concerne la pulizia stilistica riconfermata da questa Riserva. Un Vino fuori dagli schemi, con un avvio di terziarizzazione che mi aspettavo più “legnosa”, ma che invece sembra aver preso una strada evolutiva davvero interessante e priva di squilibri. Palese è la sua giovinezza, ma lo è altrettanto la sua, già matura consapevolezza, data da un naso intenso e mai pago, ma soprattutto dal sorso che definirei “filler”, in quanto sembra andare a colmare ogni spazio della bocca in verticalità ed in ampiezza.
Questo è il classico Vino che mi piace definire “da due casse”, in quanto va seguito ed accompagnato, stappandone un paio di bottiglie l’anno (o magari di più!) godendone l’evoluzione graduale. Vino 2.0!

Bucci 2013 – Bucci – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup.: parliamo dell’interpretazione più “pura” del Verdicchio di casa Bucci, probabilmente l’azienda che ha fatto scuola nella valorizzazione di questo vitigno, almeno per quanto concerne la volontà di dare una dimensione più elevata e di carattere ad un vitigno ed ancor più ad un Vino che fino a pochi anni fa, ancora, subiva i preconcetti dovuti a dei metodi produttivi quanto meno opinabili in termini di qualità e quantità, nonché ad uno stile tendenzialmente omologato ed omologante, che, per nostra fortuna, ormai sembra essere superato. Stile, quello di questo Verdicchio Bucci 2013, che è tanto impeccabile quanto originale e di personalità, volto sul gioco di pesi fra la peculiare fragranza degli aromi e la verticale profondità del sorso. Vino che considerare “base” farebbe gridare allo scandalo ed in fatte base non è! Quando si parla di Cantine come quella dei Bucci non si tratta di linee commerciali, ma di scelte dettate da esperienza, passione, consapevolezza e rispetto. Rispetto che permea ogni singolo aspetto della produzione di questo Vino e di tutti i Vini di un’azienda che ha fatto e continua a fare la storia del Verdicchio e delle Marche. 

Mirum 2012 – La Monacesca – Verdicchio di Matelica Riserva: eccolo, “l’intruso”, di tutto rispetto, che non ho potuto fare a meno di inserire nella mia selezione, in quanto, a detta di molti, il Vino più espressivo ed identificativo delle potenzialità dell’areale matelicese. Uno di quelli che a primo naso non puoi non riconoscere, per due aspetti: la vendemmia leggermente tardiva e la complessità degli aromi, che non ritroverete mai in un Verdicchio dei Castelli di Jesi.
Parliamo, infatti, di uno start più classico di ginestra e pera che evolve di minuto in minuto, tanto che sia al momento dell’assaggio (quindi dopo qualche minuto dalla prima valutazione olfattiva) che, ancor più, riassaggiato ad un giorno dalla degustazione, si ritrova un’escalation aromatica che sembra andare verso note più comuni ad un grande Metodo Classico che ad un Verdicchio fermo, come le note di pasticceria secca, di miele di acacia e di boulangerie. In bocca è di rara chiarezza e dinamicità, eppure così integro nella sua elegante precisione. Che dire… ero un po’ perplesso, inizialmente, non ve lo nego, ma quando il Mirum si “apre”, non resta che godere di ciò che ha da dare!

Il Coroncino 2012 – Fattoria il Coroncino – Verdicchio dei Castelli di Jesi: Il Coroncino di Lucio Canestrari… follia o consapevolezza? Manna dal cielo o perfezione enologica? Domande che in questa bottiglia hanno trovano una sola e semplicissima risposta: sincerità!
Questo è un Vino Vero, di terroir, fatto di rari equilibri, tanto speciali quando, una volta assaporati, così centrati da farti esclamare “cavolo…perché non lo fanno tutti così?!?”.
Il Verdicchio si esprime in maniera onesta in questa bottiglia ed evita convenevoli, sovrastrutture o facili artifizi… lo fa nei suoi profumi di ginestra e biancospino, spruzzati di qualche goccia di fragranza esotica, oserei dire tropicale, per finire con la mandorla che tanto amo nei “Verdicchio’s ending”!
Sorso proprio buono… vi basti questo! Inutile soffermarsi sulla grande mineralità, su una freschezza armonizzata perfettamente dalla morbidezza alcolica dei suoi 14% vol.
Ripeto… buono! Anzi…bono bono!!! (Se può interessare, secondo riconosciuto alla cieca e tra tutti quello sul quale non ho avuto neanche mezzo dubbio insieme al Deserto dei Socci). 

Dominè 2014 – Pievalta – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup.: un’azienda, Pievalta, che non ho potuto fare a meno di rincorrere ed inserire a selezione già ultimata, dopo l’evento Terroir Marche, durante il quale ho avuto modo di apprezzare delle mini verticali davvero interessanti e le varie etichette al banco d’assaggio, rimanendo piacevolmente colpito dalla “logica naturalezza” dei Vini di questa “new entry” del Verdicchio dei Castelli di Jesi.
In questo Dominé, con il rischio di ripetermi, si dimostra ancora una volta che anche nel 2014 ci sono state le condizioni (solo in alcuni terroir) per creare Vini non enologici, ma logici e, non dimentichiamo, che per Pievalta la sfida è stata ancor più ardua, dato che parliamo di un Vino prodotto da uve Biologiche con agricoltura Biodinamica. Vino con un naso intenso di ginestra, finocchietto selvatico, rosmarino, menta, leggera nota di pasticceria secca, che in bocca regala grande freschezza ed una sapidità disarmante. Anche in questo caso l’Umami c’è e non è da confondere con la mineralità, in quanto questo fino è si sapido, ma anche giustamente “saporoso”. Poi…diciamolo… è lungo, ma lungo… lunghissimo! 

San Paolo 2012 – Pievalta – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Riserva: prodotto da Alessandro e Silvia (dei quali vi parlerò presto, in quanto la loro storia merita un approfondimento) con le solo uve del “Clos” San Paolo, con la netta sensazione che ci si trovi di fronte ad un vero e proprio Cru, dato che i 2012 così “belli”, in questa sponda dell’Esino, si contano sulla punta delle dita di una mano. Naso di chiaro impatto, netto con i suoi fiori bianchi e gialli e le sue erbe “da balcone”, anche qui finocchietto, rosmarino, salvia condividono l’aria con tono colorato di agrume, forse cedro o bergamotto, seguito da un frutto fresco, magnificamente integro, pescoso. Il sorso è notevole, riconoscibilissimo, per la grande carica minerale e l’irriverente persistenza.
Prendete il Dominè, evolvetelo in eleganza e dinamicità ed otterrete il San Paolo… un Vino di cui sentiremo sempre più parlare, se questi due ragazzi continueranno a lavorare, o meglio… ad assecondare la Natura, così come stanno facendo!

Verano 2014 – Tenuta San Martino – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl.: entrato anch’esso in estremis in selezione, avendo conosciuto il giovane vigneron dell’azienda, Mauro Cerioni, non avevo grandi informazioni riguardo questo Verano, ma, come sempre accade, le ho potute ottenere tutte ascoltando ciò che il Vino avesse da dirmi. Un Vino giovane, ma già con le idee molto chiare, come il suo ideatore.
Uno dei Vini che hanno tirato di fuori di più i varietali, in maniera schietta, senza fronzoli, con un naso tutto fiore e frutto, che ha bisogno di qualche minuto nel calice per assestarsi al meglio, tanta è la sua voglia di esprimersi.
Da non sottovalutare il fatto che fosse, probabilmente, il Vino più conveniente in degustazione e che, ciò nonostante, ha ben figurato… ancor più al riassaggio il giorno successivo, tirando fuori un sorso che metteva per un attimo da parte il vigore rustico del verdicchio, evidenziandone, altresì, peculiarità volte all’eleganza. Grande rapporto qualità-prezzo, per un’azienda che farà parlare di sè.

Villa Bucci 2010 – Bucci – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Riserva: il Vino più conclamato, quello che da solo ha portato il concept del Verdicchio da Vino versatile, ma a volte sin troppo “facile”, ad un livello che lo pone sullo stesso piano dei grandi Vini bianchi francesi. Dico questo perché il Villa Bucci, anche alla cieca, non si fa notare con fuochi d’artificio o impetuosi aromi, bensì, ti impone di riprogrammare per un attimo i sensi ed impostare la tua ricerca sull’eleganza e la delicatezza. Profumi che spaziano da quelli varietali classici a note che il legno ha gentilmente prima aggraziato e poi concesso ad un Vino noccioloso, intrigantemente speziato che danza fra la sua naturalezza bio e la sua e-levatura in Cantina.  In bocca è LUI… è il Villa Bucci, corposo, ampio, minerale quanto basti per prolungare il piacere di berlo in una linea temporale tendente all’infinito. Ampelio Bucci è uno di quelli che ha scritto e sa scrivere la storia con i gesti, con le scelte, con i fatti e non tanto con proclami o grandi epiteti per i propri Vini, che vanno solo assaggiati e goduti in quanto espressioni Vere e mai omologate di quel meraviglioso connubio che solo la vitivinicoltura sa creare: Natura-uomo.
Connubio in cui la Natura da e l’uomo non deve far altro che accompagnare questi doni, cercando di rispettarli al meglio, incidendo con la propria personalità e le proprie idee solo nel diversificarsi da chi tenta di standardizzare qualcosa di così vivo e unicamente peculiare come il Vino. Eleganza allo stato “puro”! 

Serra Fiorese 2009 – Garofoli – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Riserva: vi dico subito che i 3 Vini della Cantina Gioacchino Garofoli sono stati da me riconosciuti a primo naso nel giro di pochi istanti, senza definire le singole etichette (Podium a parte), perché sembrano avere una sorta di firma vaporizzata nei propri aromi, un’impronta stilistica davvero inconfondibile, che inizialmente colpisce impetuosa, ma poi è capace di mettere chiunque a suo agio. Questo è il pregio di questo Vino, che si fa notare per la sua maturazione, elegantemente protetta dal suo previo affinamento in legno piccolo. Legno delle quali ritroviamo, mai eccessive, tracce al naso in cui alla ginestra ed alle erbe spontanee, oltre che ad un frutto ancora ben distinguibile e fresco, seguono note di speziatura dolce che ben si integrano con i varietali del Verdicchio, elevandoli e armonizzandoli.
Vino tosto il Serra Fiorese, di quelli che in bocca si fanno sentire con la loro densità e la potenza espressiva di chi vuole stupire, ma sa farlo con estrema classe. Gocce di miele di acacia e castagno, di pane appena sfornato, di pasticceria secca alla mandorla, che con l’affinamento in bottiglia vengono evidenziate e rese il cuore pulsante del sorso, tanto che sembra essere di fronte ad una base spumante dimenticata in Cantina! Grande Vino e grande azienda, che, a mio parere, più di ogni altra, per quanto concerne il Verdicchio, ha saputo trovare il giusto equilibrio fra una produzione importante (mai eccessiva) ed una qualità non solo enologica e preimpostata, bensì rispettosa dei terroir, delle annate e, quindi, del consumatore finale che è certo di trovare nel proprio calice un Vino sincero, non “addomesticato” frutto di un lavoro attento ed autentico in vigna, ancor più che in Cantina. 

Il Cantico della Figura 2011 – Andrea Felici – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Riserva: ad Apiro Andrea Felici da qualche anno ormai ha iniziato a sfornare perle di raro valore, che sanno di fatica e lavoro in vigna, ma che sembrano puntare ad inesplorate dimensioni di modernità. 
Naso che sa di Verdicchio, di quelli veri, senza tante grilli per la testa ed in bocca si rivela confirmatorio, con la sua schietta secchezza ed una vena acida che fa percepire quante siano le sue potenzialità in termini di longevità. 
Vino onesto, rispettoso, ma di grande pulizia, mai “sporco”.
Equilibrio ed armonia si traducono in intensa e durevole persistenza, tanto da farlo rientrare tra i primi, in degustazione, in termini di piacevolezza.
Vino con il quale non vi stancherete mai di abbinare grandi piatti di pesce a base di crostacei! 
Da seguire anche in termini evolutivi! 

La Selezione 2008 – Gioacchino Garofoli – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Riserva: il top di gamma direbbe qualcuno, ma non è questo che si fa in casa Garofoli…ogni Vino ha il suo valore, la sua importanza, nessuno è meglio o peggio dell’altro e questa Selezione è più un dono che un esercizio di stile votato al mero guadagno. Il naso è quello del Serra Fiorese, tanto che avevo rischiato di confonderli alla cieca, ma il terroir è quello. Poi un lampo, una ventata di erba medica, di fresco e leggero agrume mi hanno svelato la sua identità. Il sorso è di quelli che difficilmente si dimenticano, così impetuoso eppure, elegante… potente, ma con garbo… insomma un Vino capace di camminare su un filo a 100m di altezza, senza rete di sicurezza al di sotto, con la sicurezza di chi sa di poter restare in quell’equilibrio per anni, continuando lentamente, in maniera serena e divertita, il proprio cammino lungo quella fune chiamata evoluzione temporale. Io, se fossi in Voi, lo terrei ancora in Cantina perché se tanto mi da tanto, qui siamo di fronte ad un Vino dal potenziale infinito! 

Marika 2011 – Az. Vitivinicola Socci – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup.: ho descritto questo Vino nel mio articolo sui Socci, ma parlando della 2013, annata che magari avrei potuto portare in degustazione, con la piena certezza di riconoscerla e di ritrovarmi nel calice un Vino più unico che raro, giocato tutto sulla freschezza del fiore e del frutto, nonché su un finale disarmante, ma ho voluto “rischiare”, conscio di avere delle basi su cui calcolare il mio rischio.
Questa 2011 si è rivelata un’annata pronta per essere gustata proprio ora, al suo apice olfattivo, con un naso che spazia dal fiore giallo, a leggere note di arancia caramellate, fino a cenni verdi ed un finale amandorlato. Tutte cose che ritroveremo in bocca, in un sorso morbido ed accattivante, che sembra essere stato studiato a tavolino, ma che…fidatevi… è frutto solo dell’Amore e della genialità di Pierluigi Socci, che anche per un grande enologo come Sergio Paolucci, dev’essere davvero tosta da tenere a bada. Scherzi a parte, segnatevi il nome di questo enologo, qualora non lo conosceste, perché è davvero uno dei più rispettosi che ci siano in giro, tanto che ha fatto scuole ed ha “iniziato” all’enologia tanti giovani che ora hanno aziende importanti, là dove avrebbe potuto tranquillamente portar avanti il suo lavoro, pensando solo al proprio mero ritorno personale. Tornando al Marika, che dire? Io le diedi 7 cuori neanche un anno fa e le mie impressioni sono più che confermate anche in questa versione più “difficile” ed evoluta.

(già 7 nell’annata 2013)
Gaiospino Fumé 2004 – Fattoria Coroncino – Verdicchio dei Castelli di Jesi Cl. Sup.: un Vino ormai raro, che Canestrari fa solo quando lo ritiene opportuno. Un Vino fuori dagli schemi, con la sua fermentazione in legno e gli oltre due anni sui propri lieviti, ma che alla fine, anche se a modo suo, sa esprimere il Verdicchio al meglio. Questo è stato il Vino più facile da riconoscere per il suo colore ambrato, apparentemente “andato”, ma che in realtà (scusate la protratta allitterazione) non è che leggermente ossidato. Un’ossidazione calcolata ed apprezzabile in questo Verdicchio che ho definito “guardato da un altro punto di vista”, perché se c’è una cosa ormai acclarata e unanimemente apprezzata di questo eccezionale vitigno è proprio la sua capacità di dar vita a molteplici espressioni secondo altrettante varie interpretazioni. Il Gaiospino fumé è un esempio di questa versatilità, che per quanto possa sembrare estremo, in realtà non lo è, perché una volta stupiti da colore e naso, in bocca questo Vino è più “semplice”, cortese e meno “fuorviante” di quanto si possa pensare, con tutto ciò che ci si aspetterebbe da un Verdicchio longevo, ovvero una maggior maturazione dei sapori, tendenti tutti alle note da “appassimento”, ma, con mia immensa sorpresa, mantenendo ancora una sottile linea acida che percorre ogni sorso. Vino fuori dagli schemi di chi pensa dentro agli schemi! (+ 1/2 per la rarità e l’originalità)

Podium 2006 – Garofoli – Verdicchio Cl. Riserva: and the Winner is?!? Non dovrei dirlo, ma è quello che ho esclamato appena ho messo il naso nel calice in cui, a mia insaputa, mi avevano versato il Podium. Io che non faccio mai paragoni, devo dire che in questo caso, mi sono permesso di farlo con gli altri Vini di casa Garofoli e di comunicare apertamente le mie impressioni alla cara Daria, che mi ha semplicemente risposto… beh… la 2006 è l’annata più buona di sempre! Come darle torto?!? E’ stato amore a primo naso, tra me ed un Vino che già conoscevo in molte delle annate prodotte negli ultimi anni, ma che solo una volta a Roma, per caso, avevo avuto modo di assaggiare in questa grandiosa annata (era molto più giovane all’epoca). 9 anni e non sentirli affatto! Ho continuato a ripetere per 2 giorni quanto questo assaggio mi avesse eccitato, in quanto mi ha mostrato l’altra strada che un Verdicchio può intraprendere sulla via dell’evoluzione, ce n’è una che vira verso l’ossidazione/marsalata ed anche un po’ mar-salata dato che parliamo di Verdicchio ed un’altra che sembra fregarsene del tempo che passa e delle ragioni enologiche che portano un Vino a mutare nel colore e negli aromi in maniera radicale, affinando ed addolcendo le proprie peculiarità, in maniera elegantissima e di grandiosa finezza. Un Vino aulico il Podium 2006, che a saperlo ne avremmo dovute comprare tutti 100 casse, dato il costo esiguo per un nettare così divino! Scusate, ma sono davvero sconvolto da questo assaggio! Si vede, eh!? Note di ginestra e biancospino ancora fresche, miele, mandorla, vaniglia, caramello al naso, per essere confermate in bocca da quello che sembra essere una versione secca di un Sauternes. Sale dolce di Cervia ed addirittura sentori botrizzati, per un Vino, che, non dovrebbe, ma lo è… è davvero il Verdicchio che vorrei! La cosa più “assurda”? Un’acidità/freschezza ancora viva e vegeta, che lascia pensare che questo sia davvero il mitologico Verdicchio “eterno”! Un dorato e prezioso dono del cielo, che forse non riassaggerò più, ma che, porterò sempre nel cuore, limpido ed intenso come fosse ancora dentro di me! Santo Graal!

N.B.: credo che, come ho già avuto modo di dire più volte, i miei 7 cuori prescindano la qualità intrinseca del Vino, bensì diano più valore alle emozioni che un assaggio è capace di suscitare in me, in modo del tutto soggettivo e personale, con tutti i condizionamenti ambientali derivanti dal contesto, con le variabili dovute allo stato d’animo del momento ed altri mille fattori che io non posso e non vorrei mai eliminare dalle mie degustazioni, in quanto essere umano, capace di sentire sì con i miei 5 sensi, ma ancor più con il cuore. Quindi, per chi mi leggesse per la prima volta o per tutti coloro che non hanno avuto modo di leggere la pagina dedicata ai miei “cuori del Vino”, non si tratta di una mera valutazione qualitativa, ma solo e soltanto di un’impressione emozionale del momento, che potrebbe cambiare di giorno in giorno, di volta in volta, per mille e più motivi ed è questo il bello del Vino… ovvero che per quanto buono sia, per quanto ben fatto sia, non sempre sarà capace di emozionarci allo stesso modo, ma di certo ognuno dei 19 Vini degustati in occasione di questa trasversale di Verdicchio, ha lasciato il segno dentro di me e sarà impossibile dimenticarne le sfumature organolettiche, ma ancor più emozionali.
Sta di fatto che aver avuto per tutti i Vini tra 5 e 7 cuori, assegnati alla cieca…beh… denota l’immenso potenziale emozionale di questo vitigno e dei Vini espressi da questi grandi produttori, che hanno saputo cogliere “un dono del cielo”, o ancor meglio, della Terra, e ne hanno saputo trarre un dono per chiunque possa versarsi un calice dei loro Vini e la cosa più bella è che parliamo di Vini accessibili davvero a chiunque!



Vorrei segnalare anche degli extra, come promesso, che non ho potuto portare in degustazione, ma che ho avuto modo di assaggiare durante eventi e degustazioni alle quali ho partecipato e che di certo approfondirò più avanti, in quanto meritano sicuramente l’attenzione mia e di tutti voi: Tralivio – Sartarelli, Campo delle Oche – San Lorenzo, Capovolto – La Marca di San Michele – Gli Eremi – La Distesa, Rincrocca – La Staffa, Maccagnano – Vini Gagliardi.

Al termine della degustazione, ciò che si è palesato è che il Verdicchio è in una perenne fase evolutiva, che, qualora si riuscisse ad ottenere il riconoscimento dei “CRU”, in quanto denominazioni territoriali aggiuntive, potrebbe davvero arrivare ad essere all’altezza dei più grandi Vini francesi. Ci vuole unità di intenti…sì… una maggior consapevolezza dei produttori ed un aggiornamento di chi è rimasto, non tanto ai giusti ed apprezzabili metodi “ancestrali” di vinificazione, ma a chi ha per anni conferito uve a grandi aziende, ma che poi è passato a produrre in proprio senza gli opportuni mezzi tecnici e mentali. Il Verdicchio è un Vino versatile… stupendamente duttile… ma questo non deve diventare un alibi per produrne di ogni genere, senza la minima concezione di quello che è effettivamente il suo potenziale in termini di espressione ed evoluzione. Se si troverà un equilibrio in tutto questo, la varietà sarà data solo dai Clos, dai Cru e dalle peculiarità di ogni terroir e questo ci porterà sul tetto del mondo, senza tema di smentita!


Un Grazie particolare a tutti i produttori che mi hanno sostenuto in questi anni seguendomi e credendo nei miei umili pareri e nella mia ancor più umile e personale visione del Vino… senza di Voi non avrei emozioni di cui scrivere… di cui vivere! Grazie di cuore!

Buon Verdicchio a tutti!

F.S.R. 
Wine is sharing!

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